In questo momento ho 35 anni, a breve ne avrò 36. Sembro, indubbiamente, qualcuno che ha trovato la sua missione: vivo una vita che mi piace, dispongo come voglio del mio tempo, ho un’attività (più di una in realtà) che mi fa stare bene e fa stare bene le altre persone… tanti vorrebbero essere almeno parzialmente al mio posto, perché so cosa fare nella vita.
Ma non è che io sia un miracolato: per arrivare qui c’è stata una strada ben precisa, e ti voglio raccontare come ho fatto a scoprire cosa fare nella vita.
E no, non ho completato un grafico sull’ikigai.
Partiamo, dunque, dall’inizio.
15 anni senza identità
Da giovane ho avuto una famiglia numerosa: tutti i miei fratelli più grandi di me, due genitori all’opposto. Uno rabbioso e che non ha mai accettato la mia indipendenza, l’altro ultraprotettivo che non mi permetteva di esprimermi altrettanto.
Dover combattere con questa situazione mi ha portato a vivere in un mondo di “pugni e bambagia” (figurati, ovviamente) che mi ha reso quello che sono oggi: diretto e gentile, ma anche stronzo e romantico. Però non mi ha permesso di concedermi nessuna scelta che fosse a me comprensibile: da una parte, infatti, tutto quello che facevo e dicevo era sbagliato o me l’aveva inculcato qualcuno, dall’altra non potevo fare nulla per paura che mi succedesse qualcosa.
Per questo mi sono ritrovato a passare 15 anni nell’anonimato più totale, privo di identità. Certo, nel frattempo ho iniziato a giocare a calcio, che mi ha insegnato che un talento e una passione ce li avevo e mi ha aiutato a capire come agire per il bene di una comunità. Non sembra molto, ma gli sport di squadra ti insegnano a non essere isolato.
Ho compreso questa cosa quasi a 30 anni, conoscendo alcune persone straordinarie che non erano in grado di agire in team. Ho scoperto poi che non avevano mai fatto sport di squadra.
Poi è arrivato Dawson
Chi ha la mia età sa perfettamente di quale Dawson io stia parlando. Caso vuole che la serie di Dawson’s Creek sia arrivata in Italia proprio quando io avevo 15 anni come i protagonisti e che i dialoghi assurdi di quei 15enni non fossero poi così assurdi dentro la mia testa.
Anche io ero un romantico, anche io ero ingenuo e anche io non sapevo che direzione dare alla mia vita, nonostante avessi sogni grandi che non riuscivo ancora ad inquadrare bene. Per esempio, prima di dormire, mi immaginavo sempre il gol che avrei fatto al 94esimo minuto della finale dei mondiali, con la maglia della Nazionale. Ogni singola notte.
Dawson’s Creek era così profondo e interessante che aspettavo letteralmente il Giovedì sera di ogni settimana per vedermi quei due episodi. Credo che sia lì che ho smesso di sentirmi solo, perché ho capito che qualcuno nel mondo era come me. Erano solo personaggi, è vero: ma qualcuno li aveva scritti.
Mi sono reso conto che sarebbe stato fondamentale per me, per vivere davvero, innamorarmi e provare emozioni forti, anche devastanti… ma con dietro una ragione valida. Per esempio l’amore.
Nel frattempo mi sono fatto i rasta
In quel periodo TUTTI dicevano di volersi fare i dreadlocks. Conoscevo solo una persona che aveva avuto il coraggio di farseli e non capivo perché in così tanti dicessero di voler fare una cosa e non la facevano mai.
Nel frattempo, cominciai a farmi crescere i capelli e, al primo giorno utile, mi misi davanti allo specchio e li feci. Il giorno dopo andai a scuola con i dreadlocks e mi ricordo ancora le facce dei miei compagni stupiti che mi chiedevano come avessi fatto.
In realtà è semplice: arrotoli i capelli e apri il nodo finché non raggiunge la radice del capello. Continui così finché non li hai fatti tutti. A quanto pare, ciò che frenava gli altri ragazzi era altro, perché era veramente semplice.
Finalmente “ero qualcuno”
I dreadlocks mi avevano spostato di status: adesso ero uno dei pochi che aveva quei capelli strani. E ricevevno naturalmente l’odio di chi non aveva avuto il coraggio di farli e l’ammirazione di chi amava quel tipo di capelli e di scelte. Poco tempo dopo, dopo aver atteso tutta la vita, ho trovato la mia prima ragazza. Mi sono innamorato e sono passato dall’idillio all’inferno in meno di tre mesi.
Infatti io partivo da una mentalità “alla Dawson”, dove l’amore romantico è una regola necessaria. Lei un po’ meno. Il tradimento (anzi i tradimenti) mi hanno buttato in uno stato di depressione così profondo che ho perso l’anno a scuola.
Questo mi ha permesso l’anno dopo di incontrare una classe di persone più affini a me, con cui ho portato avanti rapporti di amicizia veri e profondi fino ad oggi.
Gli anni di buio e rabbia
Non è semplice barcamenarsi tra scuola e scelte di vita quando stai così male. Purtroppo non sono riuscito a uscire dalla depressione per molti anni, ma ci ho provato in tutti i modi, ho testato davvero tantissime soluzioni, per un semplice motivo: volevo smetterla di stare così male.
Ho provato a suonare, e mi ha aiutato, ho provato a scrivere e mi ha aiutato, giocavo a calcio con maggiore impegno, cercavo di migliorare le mie relazioni e il mio modo di gestirle e mi ha aiutato, ma non uscivo mai perché volevo viaggiare. Erano anni che ascoltavo i racconti di un paio di amici cari che erano stati in India e avevano girato il Sud America e volevo assolutamente imitarli ma tra ristrettezze economiche e paura (mia e instillata da fuori) non avevo mai avuto l’occasione.
Così, proprio nel momento di emergenza massima, ho trovato il coraggio. Quando ho perso l’ennesima relazione (immagina che tipo di relazioni puoi costruire in quello stato d’ansia) mi sono sentito come se avessi perso tutto. Così ho trovato il coraggio di andare sul cammino di Santiago (ne parlo in questo video).
La strada dentro di me e l’amore degli sconosciuti
Il Cammino mi ha lasciato un segno indelebile, perché mi ha fatto scoprire cosa c’è davvero dentro di me. Spogliandomi di tutto ciò che avevo, del mio passato e delle mie aspettative, mi aveva rimesso in contatto con la realtà del mio corpo, della natura, della vita e delle persone. Ho incontrato persone che erano “nude” quanto me e che mi hanno mostrato come all’interno di ogni essere umano alberghi una luce meravigliosa che deve avere solo lo spazio di brillare.
Anche dentro di me c’era, e l’avevo scoperto a 25 anni. Meglio tardi che mai.
Cosa NON volevo fare
Nel frattempo, mi ero reso conto che c’erano alcune cose nella mia vita che mi procuravano gioia infinita, e altre che mi prostravano e mi facevano sentire inadeguato e profondamente triste. Una di quelle cose era svegliarmi ogni mattina, andare nello stesso ufficio e poi chiedere a tutti gli abitanti di un quartiere se avessero una casa da vendere.
Lo trovavo umiliante per me e per loro. Tutto per guadagnare una provvigione vergognosamente bassa (per me) e spesso per immobili che non cambiavano la vita a quelle persone. Nel tempo, poi, ho capito che semplicemente era la limitazione del mio tempo e della mia libertà a pesarmi, non tanto il lavoro in sé (ne ho fatti tanti, ne parlo in questo articolo dove spiego come lavoro).
Questa era una cosa su cui non avrei più negoziato: sarei stato io a comandare il mio tempo e i miei spazi, costasse quello che doveva costare.
Avevo scoperto che non volevo circondarmi di persone tristi per scelta, paurose, senza sogni, senza valori e volevo avere il mio tempo per vivere. Non avrei più negoziato.
Prima le cose importanti
Così ho deciso (dopo un bel po’ di altri errori) di viaggiare, finalmente. E di farlo davvero. Ho vissuto in molti posti anche esotici e ho capito che esistono tanti tipi di vite, tantissime opportunità che non calcoliamo semplicemente perché non sono passate davanti al nostro orizzonte. Vedere cose nuove, sembra ovvio, mi ha permesso di includerle nella mia esperienza e di poter usare quei dati nelle mie decisioni future.
Una volta esaurita l’urgenza (ci sonno voluti circa 4 anni) ho potuto fermarmi, imparare ad azzerare tutto, e decidere che direzione dare a tutto il resto della mia vita.
Dunque, nella prima parte della mia vita mi sono mosso, spesso in modo disordinato, per scavare e dissotterrare le fondamenta di chi sono e dei miei valori. Quella spoliazione è avvenuta anche attraverso tanto dolore, inevitabilmente. Probabilmente una condizione necessaria per bilanciare gli opposti.
Poi, la seconda parte è stata liberarmi delle urgenze rimandate per troppo tempo.
Raggiunto l’equilibrio delle pulsioni, ho potuto iniziare a pianificare con piena consapevolezza.
Ma tutto questo è venuto grazie a una sola cosa, in realtà.
Fare.
Tutto quello di cui ti ho parlato, travestito dalla mia storia (che però è vera) nasconde un semplice fatto: tutta la conoscenza della mia vita, inclusa la conoscenza di me stesso e di quella che è la mia missione corrente è avvenuta grazie all’azione. Fare cose mi ha portato a conoscere cose. Farle mi ha portato a conoscerle più a fondo rispetto allo studiarle.
Lo studiarle è venuto POI. Chiaro che non per tutto si può far questo giro (se vuoi fare il medico ti tocca studiare prima), ma per moltissime cose sì. E in ogni caso, tra il medico “studiato” e il medico che pratica, vince praticamente sempre il secondo, perché conosce dettagli che stanno fuori dal libro.
Fare è il primo motore di scoperta e quello più potente. Lo studio serve alla scultura di ciò che si fa.
Ecco come ho scoperto cosa fare nella mia vita: non ho mai smesso di fare.
Attenzione al sorriso
Ma fare non è abbastanza: è importante sentire quello che ci fa stare bene, perché quella è la direzione. Tra le cose che faremo si nascondono i nostri sorrisi e le nostre emozioni, belle o dolorose. Dobbiamo ascoltare a fondo ciò che ci manda il cervello limbico e modellare le nostre giornate così che la nostra vita sia su misura per noi.
La vita è un flusso di eterno presente ed eterno cambiamento e che le nostre scelte debbano essere volte al nostro bene e a quello di tutti gli esseri umani. Ciò che è buono in un momento, potrebbe non esserlo in un altro. Il momento che conta è sempre l’adesso. Anche il domani, non è altro che adesso… ma domani.
Per poter fare il maggior bene possibile, dobbiamo aumentare il nostro valore e assomigliare più profondamente possibile a chi siamo veramente. E per poter raggiungere questo, non abbiamo altra via che fare.
Se vuoi scoprire cosa fare nella vita, comincia con il fare.
Non ti aspettavi una risposta così semplice?
Lo capisco, è da stronzi menarti per l’aia e poi dirti che devi solo fare. Ma cosa ti aspettavi, una scorciatoia? Non ci sono scorciatoie per diventare chi si è veramente, lo si diventa… essendolo. E questo richiede tutta la vita, purtroppo e per fortuna. Certamente ci sono dei metodi per velocizzare alcuni lavori, e quello è il lavoro che possiamo eventualmente fare insieme. Uno di quelli è CLICK, e il motivo per cui l’ho creato è dare un metodo che si può sempre utilizzare per “scavare” e scoprire più in profondità.
Ma che sia con me o senza di me, comincia. Fai. Scopri e scava. Continua e un pezzo alla volta troverai ciò che stai cercando, e anche un sacco di altre cose… magari migliori.