Essere un guerriero, essere un eroe: quale dei due approcci è il migliore per una vita felice? Forse nessuno dei due. Non so perché sia così comune vedersi come un guerriero che risponde alle avversità della vita, perché non ho mai visto niente di buono nella guerra.
Questo, però, potrebbe essere un problema che ho io e specialmente perché ogni volta che mi sono infilato in una situazione di conflitto ci abbiamo perso tutti. E ne ho vinti tanti di conflitti.
Ma vincere per non avere in mano niente non mi è mai sembrata una buona soluzione. Vediamo dunque perché l’idea del guerriero è così radicata.
Sentirsi forti… come un guerriero?
C’è un momento del film Into the Wild che ho impiegato anni a capire. Ci ho impiegato anni perché ero troppo occupato a focalizzarmi sul fatto che “la felicità è reale solo quando è condivisa.” In questa scena, però, Christopher Johnson McCandless si butta nell’oceano affrontandone la potenza ed esplodendo in un riso estatico. Nel frattempo, la voce fuori campo recita:
“Quanto importi nella vita non già di essere forti, ma di sentirsi forti. Di essersi misurati almeno una volta, essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica: soli davanti alla pietra cieca e sorda.”
Christopher Johnson McCandless
Esatto: non di essere forti ma di sentirsi così. E forse è questo il motivo per cui la figura del guerriero è così potente dentro di noi. Come se fossimo tutti in guerra con il mondo e contro gli altri. Ma è davvero così?
Il guerriero della pace
Probabilmente sì, è davvero così. Molti di noi affrontano la quotidianità come se dovessero combattere per ogni cosa e non fraintendermi: per molti c’è un fondo di verità. Non dimentichiamoci mai che siamo dei privilegiati (se stai leggendo questo articolo, non c’è dubbio che tu lo sia anche se magari non ti senti tale) e che ci sono persone che stanno molto, molto, molto peggio di noi.
Questo non vuol dire che il tuo dolore sia di minor valore o che i tuoi problemi siano più piccoli di quelli degli altri, ma ci sono miliardi di persone che non hanno elettricità, non hanno acqua, non hanno cibo, non hanno lavoro e non hanno e sono davvero occupati a combattere per la sopravvivenza. Non chiamerei nemmeno loro guerrieri, ma di sicuro c’è più battaglia in un posto dove devi camminare 20 chilometri per bere acqua sporca, piuttosto che qui dove riesci a leggere in italiano.
Io, personalmente, credo che combattendo non si ottenga molto: l’obiettivo di ogni negoziazione è il miglior risultato possibile per tutti e il miglior risultato possibile è la pace.
Forse eroe?
Anche l’eroe è una figura molto utilizzata per descriverci, anche qui un po’ abusata. Di sicuro è una figura che personalmente apprezzo più del guerriero, ma parliamoci chiaro: quanti di noi possono dire di avere “eccezionali virtù di coraggio o abnegazione?”. Non molti, diciamoci la verità. Siamo in tantissimi bloccati in vite che ci fanno schifo, in situazioni che sono finite da tantissimo tempo ma che non abbiamo il coraggio di interrompere. Molti di noi, a causa di scelte infelici sono piagati da ansia e depressione, abbiamo crisi d’identità un anno sì e l’altro pure, usiamo la scusa della resilienza per giustificare una lunga serie di sconfitte.
Né l’eroe né il guerriero si comportano così.
L’eroe e il guerriero affilano, si preparano, si dedicano totalmente alla loro arte e agli altri. Nel caso dell’eroe agli ultimi e agli indifesi e nel caso del guerriero, alla propria armata o alla propria missione. Ma noi possiamo dire di fare davvero queste cose? Quanti di noi possono avere la tranquillità di dire che sono nel percorso SEMPRE?
(N.B. per sempre intendo la maggior parte del tempo: momenti di confusione o debolezza fanno esattamente parte del percorso.)
Io, almeno da qualche anno a questa parte, posso dirlo. E sai cosa succede? Che non ho bisogno né di dichiararmi, né di sentirmi guerriero o eroe: c’è semplicemente così tanto da godere, fare e pensare sul percorso, che non si sente nessun bisogno di darsi definizioni.
Perché sono i fatti a parlare, non le parole con cui li descriviamo. E se facciamo delivery, cioè se consegniamo risultati a noi stessi e agli altri, non avremo bisogno di nessuna definizione e nessuna definizione sarà in grado di incasellarci. La più vicina, tra le definizioni che ci staranno bene sul petto, sarà il nostro nome.
Io.
Guerriero ed eroe sono archetipi, fanno parte delle immagini standardizzate della nostra mente. Non ne possiamo fare a meno, anche se siamo così disciplinati da fregarcene. Ma se l’archetipo è “immagine primordiale contenuta nell’inconscio collettivo” lo stereotipo è la versione di archetipo comprata su Wish.
Il guerriero archetipico non si dichiara guerriero: è un guerriero. L’eroe archetipico non si dichiara eroe: è un eroe.
Il combattente della vita invece ha bisogno di “posizionarsi” come guerriero, perché non lo è: diventa una versione economica del guerriero. È come il palestrato asciuttissimo che non riesce a sollevare una cassa d’acqua. È come il pompato che va giù con uno schiaffetto: non contiene sostanza e non contiene il nettare dell’essere se stessi.
Ma allora cosa dovremmo essere, se guerriero ed eroe non vanno bene? Come faccio ad essere un archetipo e non una versione “cinese” di me stesso?
L’unico modo per diventare archetipi è essere. L’unico modo per vivere una vita onesta è essere davvero. Cosa significa “essere”? Significa non fare compromessi sulla propria identità, essere chi siamo veramente. Significa mollare i giudizi degli altri e fregarsene. Anche perché, obiettivamente: chi cazzo se ne frega di quello che pensano gli altri?
E poi chi sono gli altri? Se gli altri sono “tutti quelli che non sono me” saranno 7 miliardi di persone diverse: come può importarmi il parere di un fascista, un nazista, un comunista, un cattolico, un minorato, un genio, un operaio, un bambino, un cinese, una suora laica, un ajatollah, un monaco zen, una pasticciera?
Come possono importarmi TUTTI i loro pareri, che saranno inficiati dalle loro credenze, dai loro geni, dalla loro esperienza, dal mio interpretare ciò che loro pensano e dicono sulla base del nulla?
Meglio risparmiare quel tempo e quelle energie e cominciare a lavorare sul primo giudizio che conta davvero su di noi: il nostro.
Vuoi essere un eroe o un guerriero?
Se vuoi essere un eroe o un guerriero, la cosa migliore che puoi fare è cominciare a conoscerti meglio e ascoltare la tua voce interiore più profonda. A tal proposito e per dare la possibilità a tutti di farlo, ho creato un percorso gratuito che ti permette di affrontare queste domande e di dare le giuste risposte.
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Alla prossima.