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Nessuno ascolta

ilseve 

Mentre scrivo questo articolo è il 2021, stiamo per uscire (forse) da una pandemia prevedibile e ci stiamo per addentrare in un mondo che sarà sconvolto dal cambiamento climatico, mentre nessuno ascolta. In un mondo normale, questa pandemia sarebbe stata evitata o controllata meglio e i governi e le persone si starebbero occupando con tutti se stessi dei problemi impellenti del nostro pianeta.

E invece, giusto ieri, dopo un anno e mezzo di restrizioni (che ancora permangono per molte attività), 30000 persone si sono radunate in piazza Duomo a Milano perché l’Inter di Conte ha vinto lo scudetto dopo undici anni.

Ora: io sono Juventino (scusate, colpa di una figurina di Roberto Baggio nel 1990), ma ricordo di essere arrivato a Santiago per la prima volta il giorno in cui l’Inter ha disputato quell’incredibile finale di Champions del 2010, e per la quale ho festeggiato onestamente. È stato un momento meraviglioso vedere l’Inter fare il triplete, soprattutto perché gli interisti sono abituati a soffrire ed è inevitabile che gioiscano quando c’è da gioire: è comprensibile.

Ma con tutto il bene che posso volere loro, vedere trentamila tifosi sputarsi in bocca a vicenda per diverse ore mentre due terzi della nazione non può lavorare è stato un po’ vomitevole. Ma nessuno si è stupito.

Nessuno si è stupito della folla, nessuno si è stupito del festeggiamento e nessuno si è stupito che nessuno abbia fatto niente.

Siamo capaci di ascoltare?

Lo stupore non c’è stato perché siamo abituati a tante cose che per noi sono diventate normali:

  • La “gente” è stupida
  • Il governo italiano non sa fare niente
  • L’italiano medio è davvero quello dipinto da Paolo Villaggio, Checco Zalone e Maccio Capatonda
  • Le cose importanti sono importanti solo per chi ha un cervello che funziona

Ma queste cose non sono normali, almeno non nel senso statistico del termine.

Festeggiare per una partita di calcio mentre in giro per il mondo muoiono milioni di persone non è normale.

Attaccare ricercatori che stanno permettendo all’intero mondo di ripartire e a miliardi di persone di non avere più paura, non è normale.

Dare la parola specialmente a chi non ha niente di sensato da dire, non è normale.

Queste aberrazioni della normalità, questo vivere in un mondo “da incubo”, è probabilmente la diretta conseguenza di due problemi principali: la nostra mancanza di attenzione prolungata e la nostra incapacità di ascoltare.

In che mondo vogliamo vivere?

Attenzione: non voglio dire che il nostro mondo faccia schifo. Non mi piace fare il catastrofista e, ricordiamoci, che in realtà viviamo nel mondo più ricco, educato e con il maggior benessere della storia dell’umanità.

Questo non vuol dire che non ci siano circa 800 milioni di persone che stanno soffrendo di ansia e depressione, perché ci sono.

Questo non vuol dire che centinaia di milioni di persone non muoiano di fame, perché lo fanno, ma sono sempre meno.

Questo non vuol dire che tutti abbiano accesso all’educazione, perché non è così, ma è sempre più comune, così come si sta abbassando la mortalità infantile e si sta allungando la speranza di vita (anche se l’ultimo anno, avendo visto così tanti anziani morire, la statistica racconterà di una contrazione).

Il nostro mondo è davvero più ricco, sicuro e sano di sempre, ma è anche in veloce e costante trasformazione e non possiamo adagiarci sugli allori. Come possiamo, dunque, contrastare gli inevitabili sconquassamenti che arriveranno causa clima e causa tecnologie?

Attenzione.

Con l’attenzione. Abbiamo un organo incredibile fatto di gelatina nel nostro cranio, che ci permette di fare cose meravigliose che spesso diamo per scontate, ma che non lo sono.

Provate, per esempio, a insegnare a un computer a fare una conversazione da bar come potreste farla con il vostro amico più ignorante, vediamo quanto ci mettete.

Ora, fermiamoci un attimo e proviamo a pensare a dove mettiamo l’attenzione ogni giorno, a quante volte viene bombardata e sviata e per cosa la utilizziamo. Io mi ritengo una persona con una buona attenzione, eppure mi trovo a fare delle cavolate pazzesche, dimenticandomi perché ho aperto il frigo o di fare qualcosa sul telefono, perché Instagram si è messo di mezzo e mi ha rubato 3 minuti.

Se non alleniamo la nostra attenzione, non potremo fare assolutamente nulla. Niente: saremo in balìa di tutto ciò che ci accadrà e nemmeno capiremo cosa e perché ci sta accadendo. Saremo impotenti.

L’attenzione è un bene così prezioso che vi ho dedicato due percorsi interi: Ready e Mind.

Ma insieme all’attenzione, proprio a braccetto, ci sta mancando l’ascolto.

Attenzione nessuno ascolta

Perché nessuno ascolta?

Ascoltare richiede necessariamente attenzione: infatti per poter ascoltare qualcuno che parla, un film, una canzone, il silenzio, bisogna poter focalizzare attenzione e consapevolezza in un punto dello spaziotempo per un determinato periodo.

Non solo, ma bisogna avere anche la necessaria disciplina per non voler intervenire o passare dall’azione dell’ascoltare a quella del creare o del comunicare.

Ascoltare è una cosa, creare o comunicare sono altre azioni. Fino a quando questa cosa non verrà insegnata sistematicamente, sarà difficile anche vederla nel nostro mondo. La mancanza di ascolto attivo, causa altri due problemi collaterali, gravissimi: la solitudine e la nostra incapacità di coltivare buone relazioni empatiche, causando poi grossi rimpianti.

Siamo capaci a creare e coltivare amicizie?

Non sapere come gestire le relazioni sta creando un mondo sempre più atomizzato, con persone che vivono nella propria bolla e che hanno sempre più difficoltà nel gestire interazioni semplici come una conversazione con un nuovo conoscente o come l’approcciare uno sconosciuto per iniziare una conversazione pacifica.

Inoltre, anche nei casi in cui queste abilità di base fossero a disposizione, è sempre più raro vedere persone che siano in grado di coltivare relazioni d’amore e di amicizia che siano completamente oneste e di alta qualità nel lungo termine. L’amicizia è un bene sempre più prezioso e sempre più raro, nonostante sia sempre a nostra disposizione e le opportunità non ci manchino.

Abbiamo alcuni tra i mezzi più potenti della storia per socializzare (social media e Voip) e li usiamo come la modalità principale di interazione. Dimenticandoci cosa significa chiedere qualcosa a una persona… di persona. Oppure anche dire qualcosa di “pesante” a qualcuno quando è necessario. Ci dedichiamo di più all’evitamento, al non rispondere o allo scomparire, davvero nessuno ascolta più.

Questo, però, porta a un mondo di umani più asociali, con relazioni più sottili e con una rete meno solida di sostegno, per quando le cose diventano davvero dure.

Dove si impara?

Da nessuna parte, purtroppo. Non esistono o sono molto rare, classi di intelligenza emozionale, classi di socializzazione, presenza, mindfulness e attenzione. Classi di de-digitalizzazione, per riabituare le persone a vivere il presente senza il supporto dei device, per godere della noia e dell’ozio.

Classi in cui si riscoprono i nostri corpi, le nostre voci, la nostra percezione tattile del mondo. Classi in cui si costruisce qualcosa che richiede settimane o mesi per essere terminata, oppure classi di coltivazione o “allevamento”.

Tutte queste abilità saranno utilissime nel prossimo futuro e sono più che necessarie nel presente. Cosa fare, dunque, per sistemare la situazione? Se hai un’idea, scrivimi. Io ci sto pensando e lavorando, ma al momento è qualcosa di troppo grande anche per me. Ma, in compagnia, probabilmente potremmo andare più lontano.

Come sarà il futuro?

Se non cambiamo direzione subito, vivremo su un pianeta fortemente instabile, dove siccità, inondazioni e tempeste ci vesseranno più o meno quotidianamente, con miliardi di persone che si sposteranno da luoghi diventati invivibili, dove avremo difficoltà a reperire risorse essenziali e, in tutto questo, non sapremo nemmeno come comprendere ciò che sta accadendo e come supportarci l’un l’altro, perché abbiamo perso l’abilità di socializzare in maniera profonda, che è esattamente l’abilità che ci ha permesso di sopravvivere indenni a estinzioni di massa e predatori ben più forti di noi.

Un futuro migliore è possibile? Certamente, è qualcosa a cui lavoriamo quotidianamente in Click, ma anche noi abbiamo bisogno dell’apporto di tutte le persone che hanno a cuore il futuro di un’umanità migliore, più felice e più prospera.

Se anche tu hai a cuore il futuro di questo pianeta e degli altri esseri umani, probabilmente è il momento di fare qualcosa di serio insieme. Se non sai da dove cominciare, entra pure nel mio gruppo Vivi. Ora.

Creiamo un futuro migliore, dove le persone ascolteranno e dove il pianeta non vorrà eliminarci. Il momento è adesso.

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