Siamo negli anni 20 del 2000 e parlare di empatia sta finalmente tornando di moda. Purtroppo, probabilmente per le motivazioni sbagliate. Ma meglio questo che il silenzio.
Negli ultimi cento anni siamo diventati dei barbari egocentrici alla ricerca del successo personale a discapito del prossimo e ci siamo addentrati in una società che mette le emozioni positive all’ultimo posto.
Questo se non contiamo ovviamente paura, odio e disgusto, che tirano le pance delle persone come nessun’altra emozione.
Ma cosa sta succedendo oggi? Perché, in silenzio, l’empatia sta tornando di moda?
Animali sociali.
L’essere umano è giunto fino a qui grazie alla sua capacità di comunicare e creare gruppi ampi e superorganizzati: questo ci ha permesso di non perire nonostante le nostre imbarazzanti capacità fisiche e la quasi totale mancanza di difese contro l’ambiente.
Abbiamo imparato a stare in gruppo e a delegarci compiti in maniera complessa. Abbiamo imparato a crearci il cibo e a costruirci rifugi avanzatissimi, case che ormai sono in grado di rispondere alla nostra voce.
Ci siamo creati un ambiente ipertecnologico che sta piano piano eliminando ogni limite che la nostra genetica ci impone, fino a forse un giorno portarci ad essere praticamente immortali.
E poi abbiamo inventato i soldi.
L’invenzione più geniale.
I soldi ci hanno permesso di aumentare in maniera esponenziale la ricchezza di tutta la società umana: ci hanno permesso di superare il baratto e di dare valore nominale a cose che non ce l’hanno. Questo ha aperto gli orizzonti del commercio in milioni di modi, ma ha reso più astratto e arbitrario il nostro contatto con il valore delle cose.
Mescolando e manipolando il valore delle cose in maniera astratta, diventa sempre più difficile comprendere ciò che vale davvero da ciò che non vale niente.
E più è alta l’astrazione, più lontani ci si sposta dal piano reale delle cose. Mentre questo ci permette di creare qualsiasi cosa ci viene in mente e colonizzare lo spazio, ci allontana anche dai nostri valori più profondi, specialmente se non abbiamo una vera educazione emozionale.
Ma cosa c’entra questo con l’empatia?
Mors tua vita mea.
Con l’avvento del capitalismo, i soldi sono stati spesso malintepretati: da mezzo sono diventati fine. Piccolo disclaimer: questo non è un post contro i soldi o il capitalismo, anzi. Se non ci fossero soldi e capitalismo, saremmo indietro di 2000 anni di evoluzione. Grazie al capitalismo siamo nell’epoca più pacifica e fiorente della storia e dobbiamo tutti essere grati di questo.
Ma c’è un ma: a causa di una componente fortemente capitalista che è alla base della mentalità occidentale, molte distorsioni della realtà sono intervenute nella nostra quotidianità.
Per esempio, molti di noi devono scambiare il loro tempo per una manciata di euro. Immagina di dover vivere con uno stipendio base italiano al 25 del mese lo hai già finito, anche se vivi in un paesino marcio dell’entroterra. Ti sfido a non avere ansia come emozione prevalente.
Questo porta dinamiche di sopravvivenza dove non sono necessarie: per esempio, nello stesso paesino ci sono cibo, acqua e sistemazioni comode per tutti, ma è possibile che ci sia qualche famiglia povera, addirittura potrebbero esserci alcuni senzatetto.
Come mai? Perché la competizione vince sempre sulla cooperazione.
Empatia e futuro.
Lavorare tanto, spesso troppo, per le briciole ci ruba attenzione e tempo. Molti di noi si ritrovano a perdere l’intera vita a fare lavori insulsi che potrebbe fare una macchina, per portare a casa uno stipendio imbarazzante.
Il nostro focus è guadagnare abbastanza da tirare fine mese e magari concederci qualche vacanza quando il capo ce la darà (se ce la concederà).
Questo tipo di vita ci rende aridi. Spegne ogni tipo di desiderio profondo, nel tempo spegne le speranze e ci rende disillusi nei confronti del senso delle cose: perché dovremmo, a quel punto, curarci degli altri?
Come può una persona che a malapena è in grado di portare a casa la pagnotta, lavarsi e andare a dormire, pensare anche alle emozioni degli altri?
Il futuro dell’umanità.
Ovviamente non possiamo chiedere a una persona al limite dell’indigenza di occuparsi degli altri, quando appena appena è in grado di tenere se stesso in vita. Solo che, fortunatamente, la nostra epoca ci sta presentando una minaccia a noi superiore: l’automazione.
Ora, l’automazione è una delle più grandi risorse che abbiamo: la tecnologia ci permette di alleggerire il carico di lavoro, aumentare le produzioni, migliorare ciò che abbiamo in tutti gli ambiti della vita.
Questo dovrebbe permetterci di avere più tempo e più ricchezza: se abbandonassimo l’idea novecentesca del capitalismo individuale, saremmo in grado di ristrutturare la società interamente, permettendole di fiorire e di avere una ricchezza distribuita equamente.
Ma questo non accadrà dall’oggi al domani. Quello che invece accadrà dall’oggi al domani sarà che le intelligenze artificiali saranno ovunque (lo sono già in realtà) e l’unica cosa che, per ora, non sono in grado di replicare è la nostra empatia.
In realtà nemmeno questo è vero, ma se c’è una cosa che ci rende umani, è quella. E se c’è un’abilità che ci permetterà di non venire annientati dalla tecnologia è quella.
Ma soprattutto, se c’è un’abilità che ci aiuterà ad attraversare il momento di passaggio dalla civiltà umana a quella in cui ci mescoleremo alla tecnologia, è proprio l’empatia.
Il tocco umano, in quasi tutte le categorie dell’umanità, è ancora necessario e lo sarà ancora per almeno qualche decennio.
Cosa posso fare per sviluppare empatia?
Parliamo un attimo di ricerca: cosa sappiamo davvero dell’empatia?
Ti farò un breve riepilogo di tutte le scoperte che abbiamo fatto attraverso la scienza su questa emozione primaria:
Facciamo scelte morali migliori: chi prova dolore fatica a infliggerlo agli altri. Chi conosce la gioia, sarà più bravo a gioire quando questa è negli occhi altrui.
- La salute dei pazienti migliora con medici che praticano empatia attiva
- Diminuisce gli errori dei medici stessi
- Riconoscere le emozioni altrui migliora la nostra comunicazione
- Migliora la soddisfazione relazionale
- L’empatia è correlata positivamente con comportamenti di supporto e negativamente con eventi di aggressività
- Nelle società più empatiche c’è meno incidenza criminale
Dunque come possiamo allenarla, se è davvero così importante?
Osservando gli altri e indovinando il loro stato emozionale, per esempio.
Ascoltando attivamente le loro esperienze e le loro storie.
Giocando a immaginare come sarebbe essere in una situazione di svantaggio estremo.
Sì ma cosa me ne faccio di più empatia?
Questa è una domanda lecita, specialmente per chi di noi è in situazione di maggiore difficoltà e non riesce a intravedere una strada nella nebbia.
Magari viviamo una vita senza aiuti e ci sentiamo ignorati persino dalle persone più care che abbiamo: è più normale di quanto crediamo.
Coltivare l’empatia ci permetterà di comprendere più a fondo i bisogni degli altri, anche quelli nascosti. Questo ci aiuterà ad aiutarli anche quando loro non sanno di dover essere aiutati.
Chi aiuteremo ci sarà grato e, piano piano, restituirà il favore. Certo, questa non è un’aspettativa che dobbiamo crearci: ci sono persone incapaci di aiutare e restituire, ma quello è un problema loro.
Lasciamo che portino il loro stesso fardello e non facciamolo per loro.
Ma noi riceveremo un boost in felicità per aver aiutato altre persone e, se saremo sempre pronti a dare, ci verrà restituito. Sempre.
Ok, bravo Seve: dunque?
Perché dovremmo curarci di un mondo più empatico? Perché significherebbe vivere in una società dove chi ha bisogno di aiuto viene sollevato e non giudicato.
Perché significherebbe, anzi significherà, che saremo tutti più protetti, avremo più tempo che sarà liberato dalle collaborazioni, e avremo più spazio per coltivare chi siamo veramente.
Saremo in grado di costruire famiglie e gruppi allargati dove la felicità è il primo valore e dove ognuno è valorizzato per chi è veramente. Saremo in un luogo dove le persone non avranno bisogno di distorcere ogni loro interazione a causa di traumi evitabili e aspettative societarie inutili e mostruose.
Saremo in un luogo più pacifico e accogliente e potremo collaborare per un’ulteriore evoluzione della specie, senza dover sprecare soldi e vite in guerre inutili ed eliminando la fame e le ingiustizie sociali.
Certo, questo è un percorso utopico, ma perfettamente fattibile. L’unico modo di farlo è uno a uno.
Ogni persona che aumenterà la propria empatia sarà una persona più aperta al prossimo, pronta ad aiutare e ad avere restituito il proprio aiuto.
Se non ci credi, ti capisco e mi dispiace. Se invece ci credi, puoi cominciare da subito.
Ne va del tuo futuro.
Qualunque sia il tuo lavoro e la tua vita adesso, non puoi ignorare l’empatia: sarà la forza trainante di qualunque cosa farai. E, se dimenticherai di usarla, ti trainerà nel baratro e nel nulla cosmico.
Le macchine ti soppianteranno in quasi ogni caso e puoi garantirti una maggiore e migliore sopravvivenza coltivando ciò che ti rende umano: la tua intelligenza e le tue emozioni. Il tuo modo di comunicare, per ora non replicabile e la tua capacità di essere.
Ci sono molti modi per farlo, e di questi, i migliori sono quelli dove lo si può fare in compagnia di persone affini.
Se lo desideri e non ne fai ancora parte, ti do il benvenuto nel mio gruppo Vivi.Ora, a cui puoi iscriverti passando dal bottone qui in fondo.
Lì dentro costruiamo insieme vite che valga la pena vivere.
Ti aspetto lì.
Noi ci sentiamo alla prossima.