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PensieroPositivo: la maledizione di chi non sa.

Severino Cirillo 

Mamma mia quante volte ho sentito parlare di pensieropositivo e altretecnicheincredibiliperlafelicità. Solo che c’è un problema: spesso a parlare di queste cose è gente che si improvvisa motivational coach, counselor o qualunque “professione” nel mezzo. Il problema è questo: positività e pensiero positivo sono già di per sé cose radicalmente diverse. In più, ci si mettono i santoni che non capiscono i fondamenti alla base del funzionamento di queste “tecniche” e quindi, spiegandole a caso, fanno danni.

Vediamo un po’ come discernere bene e capire cosa funziona e cosa no.

A cosa serve il pensiero positivo?

Il pensiero positivo è una modalità di utilizzo del dialogo interiore che pone un accento sulla parte, appunto, positiva di ogni situazione. Se questo, almeno in teoria, è un ottimo modo di approcciarsi alla vita (“cercando sempre il lato positivo delle cose”), nella pratica diventa in un attimo un’abitudine tossica. Quando avviene questo? Quando viene negato il dolore, e tutto quello che si porta con sé.

Ciò che è positivo, lo è perché è in contrasto con il suo opposto: il concetto di luce lo abbiamo perché possediamo anche il concetto di buio, e viceversa. Se tutto si trasforma magicamente in positivo, anche la peggio delle mer*e, allora c’è qualcosa che non funziona e si è molto vicini a cadere nella sindrome di Pollyanna.

Di fatto, il pensiero positivo è una buona tecnica per ottenere una prospettiva funzionale della realtà che faciliti risultati di qualità, ma non bisogna prescindere dalla realtà. E la realtà NON È tutta positiva.

Come esercitare il pensieropositivo?

Se si vuole esercitare il pensiero positivo in maniera corretta, bisogna trattarlo come uno shift di prospettiva. Questo, senza rinnegare lo stato delle cose. L’esempio più semplice da fare è il solito caro Viktor Frankl, che stava nella peggiore delle situazioni (un lager) ed è riuscito a trovare qualcosa di positivo anche lì: la libertà interiore.

In nessun modo si è messo a rinnegare il fatto di essere in un luogo di torture e probabilmente vicino alla morte, ma ha fatto spazio all’unica delle cose buone che poteva esserci in quel luogo.

E quindi no: non è un reframing della frase per cancellare le negazioni, oppure un “ma guarda il lato positivo!”. È un modo per interpretare la realtà, che sia funzionale alla sopravvivenza e alla coltivazione di uno stato superiore di felicità.

Come trasformare i pensieri negativi in pensieri positivi?

Ariecchice. Cosa significa trasformare i pensieri negativi? Cos’è un pensiero negativo? Un giudizio del genere presuppone che noi sappiamo cosa sia negativo e cosa no e quale sia il contesto. È negativo essere tristi se è morto un nostro amico? O è normale?

È positivo godere della disgrazia di qualcuno che non ci piace, anche se questa è una persona buona? Sono troppe le domande a cui dovremmo rispondere per rispondere a questa domanda nel titolo: motivo in più per cui trasformare i pensieri negativi in positivi è una pratica insensata, tra le più gettonate in chi non capisce niente di come essere felici o come vivere una vita che abbia un senso.

Forse invece è meglio una pratica più profonda di questa, che è quella della positività. Ne ho già parlato qualche anno fa su un famoso blog di crescita personale e non smetterò mai di dirlo: ciò che crea cambiamenti è strutturale, non è mai un’abitudine superficiale.

pensieropositivo

E allora Seve, se mi fa tutto schifo?

Se ti fa schifo tutto – per quanto tu non sia da biasimare – c’è qualcosa che va controllato. Perché non fa tutto schifo e quindi c’è qualcosa che sta inquinando il tuo giudizio, e lo sta inquinando a livelli radicali… oppure hai solo un dialogo interiore che non funziona bene, e quello si può cambiare (per esempio con Mind, che è fatto apposta per riportarti in ordine i pensieri e farti stare meglio).

In ogni caso, non è con il pensiero positivo che risolverai la situazione, ma con un lavoro profondo che ti porterà a scoprie cos’è che sta inquinando il tuo giudizio. Quel lavoro, se senti la necessità, lo puoi fare con un terapista o – se pensi che io possa aiutarti per il mio modo da “amico stronzo” e perché mi concentro di più sui tuoi reali desideri – possiamo parlarne e portarti dove vorresti essere e, se necessario, farti cambiare vita.

Niente dolore, niente gloria.

Non c’è molto da fare, nella vita avremo tutti il nostro quantitativo di mazzate e dolore. Nessuno ci scappa. Naturalmente abbiamo la massima libertà nel capire come utilizzare quel dolore e cosa farne.

Senza quello, non possiamo avere un metro di paragone per quanto in alto si può arrivare e sarà difficile orientarsi adeguatamente per una vita potente, che abbia un senso profondo e che sia in grado di concederti una felicità come quella che ti meriti.

Se c’è una cosa che voglio dirti con questo breve articolo è questa: non ci sono tecniche brevi e facili che andranno a costruire radici profonde. Il seme muore per dar vita alla pianta, non puoi pensare di non subire trasformazioni se vuoi trasformarti e trasformarsi vuol dire cambiare forma.

Cambiare forma significa, quasi sempre, attraversare qualche tipo di sofferenza. Attraversarla significa uscire dall’altra parte.

E allora usciamo e godiamo di ciò che ci aspetta, senza cercare tristi escamotage che non funzioneranno mai.

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